Atmosfera da brivido nell’ex manicomio abbandonato di Colorno.
Praticare urbex nel manicomio abbandonato di Colorno significa entrare in un luogo ancora carico di emozioni. Questi edifici sono solitamente grandi complessi dove all’interno è facile perdere l’orientamento. I corridoi bui e la poca luce che filtra dalle finestre contribuiscono ad aumentare la sensazione d’inquietudine che pervade questa casa della follia.
Fra le mura del manicomio abbandonato di Colorno rimangono solo poche testimoniante di storie che raccontano dolore e disperazione. I pazienti di queste strutture difficilmente riuscivano a tornare alla vita di tutti i giorni. Chi entrava in questi luoghi era destinato a scomparire nel nulla, dimenticato da tutti.
Gli psichiatri erano liberi di sperimentare nuovi e “innovativi” trattamenti per la cura delle malattie mentali sui pazienti internati in queste strutture. Pratiche come elettroshock e lobotomia frontale iniziavano a diffondersi anche nelle case di cura italiane. I medici si sentivano sperimentatori e innovatori, operando su malati che a fatica erano ormai considerati come persone.
Spogliato ormai di tutti gli arredi e di ogni cosa utile che un ladro o un vandalo possa trovare, rimane solo qualche carrozzina o deambulatore abbandonato lungo i corridoi. Gli schedari sono pieni delle cartelle cliniche dei pazienti, molte delle quali sparpagliate sul pavimento senza rispetto. E’ possibile trovare ancora qualche trattato di medicina e qualche flacone di farmaco ormai scaduto da molto tempo. Tutta la struttura versa in totale stato di abbandono e incuria.
Ufficialmente il manicomio abbandonato di Colorno entrò in funzione nel 1873, in seguito allo scoppio di un’epidemia di colera. I locali di un antico palazzo ducale furono subito adattati per contenere i pazienti. Col passare del tempo, quella che doveva essere una soluzione temporanea, divenne la dimora definitiva per centinaia di anime perdute.
Più di mille malati erano internati in questo manicomio, assieme a personaggi poco graditi come vagabondi, prostitute e alcolizzati. Persino i bambini piccoli erano abbandonati in queste strutture. Tutti gli spazi erano organizzati in compartimenti stagni e i corridoi distribuiti sui vari piani erano tutti uguali. Tutto ciò aumentava il senso di disorientamento dei pazienti.
Le celle sono talmente piccole e anguste che solo a vederle si è colti da una sgradevole sensazione di claustrofobia. Non riesco a immaginare come potessero tenere persone rinchiuse in questi piccoli spazi per tutto il giorno. Osservando con attenzione, alcune delle porte presentano al loro interno i segni dei pazienti. I graffi vicino allo spioncino lasciano immaginare la disperazione provata dagli internati, rinchiusi in questi minuscoli spazi come animali in gabbia.
Il manicomio abbandonato di Colorno è diventato molto famoso grazie allo street artist brasiliano Herbert Baglione e il suo progetto “1000 Shadows”. L’artista ha dipinto sui muri del manicomio sinistri spettri e ombre nere per rendere omaggio alle povere anime intrappolate in questa struttura. Anche altri artisti si sono espressi con la loro arte all’interno del manicomio.
Nel grande complesso, in un edificio a parte, c’è anche un piccolo obitorio. Il tavolo di marmo per l’autopsia è proprio in bella vista davanti a una finestra. Il numero irrisorio d’infermieri rispetto ai pazienti lascia intendere che i decessi per mancanza di cure fossero all’ordine del giorno. Il manicomio di Colorono fu definitivamente chiuso agli inizi degli anni 90′.
Un manicomio abbandonato per molte persone può essere un posto sgradevole da esplorare. Io non vedevo l’ora di visitarlo e fotografare quello che resta di questa interessante struttura. Fotografo edifici abbandonati sia per documentare l’abbandono di questi luoghi, sia per realizzare immagini interessanti da suscitare curiosità e meraviglia nello spettatore. Una volta dentro il manicomio, non mi sono neanche accorto del passare del tempo tanto ero preso a scattare fotografie mentre esploravo il vasto complesso. Anche questa volta ho scelto un equipaggiamento essenziale e leggero. Ho portato un solo corpo macchina, la mirrorless Sony A7II assieme al Sony Zeiss 16-35mm, il cavalletto Manfrotto 190MF4, un paio di faretti a led e guanti Mechanix.
Complimenti, foto molto forti e suggestive si percepisce la sofferenza che c’era in quel edifici. Sei stato davvero bravo. un vero grande. Potresti darmi informazioni?
Ciao Nadia, grazie per i complimenti. Purtroppo le mie info non sono più valide in quanto ci sono stato qualche anno fa.
Alessio di leo ciao meravigliose foto mi farebbe piacere parlare tramite email per porti delle domande se fosse possibile..come posso contattarti?
Ciao, mi puoi contattare a info@alessiodileo.com
Ciao Duby, mi dispiace per tuo nonno. Per me entrare nel manicomio è stata un’esperienza intensa, sia a livello fotografico che emotivo.
Purtroppo le malattie mentali, o anche semplici disturbi, una volta venivano trattati in maniera molto invasiva e sbrigativa. Inoltre erano terreno fertile per sperimentazioni e ricerca. Mi ero ripromesso di cercare qualcuno che mi potesse rendere qualche testimonianza, ma purtroppo per motivi vari non ne ho ancora avuto il tempo.
Se ti va, vorrei leggere qualcosa sulle storie che ti hanno raccontato. Puoi mandarmi una mail a info@alessiodileo.com ?
Ti ringrazio molto.
Alessio
Mio nonno è morto li prima che io nascessi…mi hanno raccontato orribili crudeltà inflitte ai pazienti nel nome della scienza…un semplice Alzheimer o una arteriosclerosi venivano curate con elettroshock e medicinali molto pesanti…c è un libro che parla di tutto ciò, con foto bellissime come le tue ma che lasciano tanta tristezza…serve coraggio anche per farle.
Buongiorno Alessio
le sue foto, straordinarie, mi hanno trasmesso un senso di angoscia tremenda. Anche io vorrei visitare questo luogo e le sarei grata se potesse inviarmi le informazioni per accedervi
La ringrazio di cuore e complimenti ancora!!
Ciao Alessio,
Complimenti per le foto bellissime è dire poco, per me sono veramente stupende. Trasmetto veramente tanto dell’orrore che succedeva lì dentro.
E’ da poco più di un’anno che mi sono avvicinato assiduamente alla fotografia. Quest’anno durante un corso di fotografia ci hanno chiesto di realizzare una storia fotografica, ci hanno portato a Reggio Emilia e mi sono imbattuto nell’ex Officine Meccaniche Reggiane. Un luogo abbandonato che mi ha affascinato così tanto da voler trovare altri luoghi così da poter fotografare.
Vorrei visitare anche io questo manicomio, se puoi darmi informazioni su come entrare te ne sarei grato.
Di seguito ti invio il link delle mie foto così puoi darmi una tua opinione.
https://www.facebook.com/media/set/?set=a.1984939645073315.1073741834.1976740712559875&type=1&l=92170a9e13
Ciao Fabio, grazie per i complimenti. Il manicomio è un luogo veramente suggestivo, mi ha ispirato tantissimo! Se vuoi qualche info in più mandami una mail …
Salve, bellissime foto.
Posso chiedere una cosa? Come ha fatto ad entrare? Ha chiesto il permesso o c’è un passaggio? Perchè io ho trovato tutto chiuso dalla parte della strada e la stradina che porta alla parte dietro del manicomio è videosorvegliata.
Ciao, grazie per i complimenti! Purtroppo per questo genere di strutture nessuno darà mai il permesso di entrare, consapevole dei rischi che si possono correre al suo interno…
Io ci son stato lo scorso inverno e una via di accesso era ancora aperta, non so adesso. Magari sentiamoci per mail …