Bue muschiato, il re della tundra arriva direttamente dall’era glaciale
Fotografare il bue muschiato in inverno non è stata un’impresa facile. Nel parco nazionale del Dovrefjell, in Norvegia, sono le sei e trenta di mattina ed è ancora buio. Il termometro della macchina segna -20° quando raggiungo l’imbocco del sentiero. Inizio il lungo cammino sulla neve ghiacciata che scricchiola a ogni mio passo. L’aria gelata mi brucia le narici. Raggiungo il grande pianoro dove vive il bue muschiato, un animale che arriva direttamente dall’era glaciale. Il paesaggio è surreale. La luna piena, bassa all’orizzonte, rischiara il cammino con la sua luce argentea. Alle mie spalle inizia ad albeggiare e i colori caldi irrompono sull’altopiano. La vasta distesa della tundra norvegese è completamente ricoperta di bianco e lentamente le cime delle montagne si tingono di un tenue rosa pastello. Un’improvvisa folata di vento gelido mi sferza il viso. E’ come se mille aghi mi avessero trafitto. Col binocolo osservo l’altopiano. Mi focalizzo su quelli che, a prima vista, sembrano dei massi conficcati nella neve. Ho trovato un piccolo gruppo di buoi muschiati che pascola tranquillo su una collina. E’ il primo incontro con questo stupendo animale. Inizio a camminare lentamente verso di loro, con l’attrezzatura fotografica dentro lo zaino che sembra pesare più del solito.
Verso il Parco Nazionale del Dovrefjell in Norvegia
Sinceramente non ero del tutto convinto d’intraprendere questa breve impresa per fotografare il bue muschiato. Arrivavo da due viaggi stancanti, Chernobyl e Berlino, e non ero certo al massimo della forma. Vedere e fotografare il bue muschiato è stato un sogno che ho tenuto per troppo tempo nel cassetto. Così all’ultimo momento, ho prenotato i biglietti aerei per raggiungere degli amici a Trondheim. E’ stato un lungo viaggio, con tre aerei e due scali per un totale di otto ore. Ma non è finita perché ci vogliono ancora quattro ore di macchina per raggiungere la parte bassa del parco, seguendo la lunga strada ghiacciata verso sud che costeggia il Dovrefjell.
Il parco è stato istituito nel 2002 e ha un’estensione di 170 chilometri quadrati. Il Dovrefjell è di grande interesse naturalistico perché rappresenta uno spaccato fedele della fauna e della flora tipiche delle regioni pre polari. Le temperature in inverno sono molto rigide e gli altopiani norvegesi sono famosi per il forte vento che compare all’improvviso. Questa è la terra del bue muschiato, un animale che abitava la terra durante l’era glaciale insieme alle renne e ai mammut.
Primo giorno: finalmente il bue muschiato!
E’ mattina presto e fuori è ancora buio quando arrivo all’imbocco del sentiero vicino a Dombås. Scendo dalla macchina per finire di prepararmi e ho subito due brutte sorprese. La lampada frontale, che avevo scrupolosamente controllato prima della partenza, non funziona. Penso alle batterie scariche ma, anche utilizzando quelle nuove, il risultato non cambia. Pazienza, la luna illumina quanto basta il paesaggio e nei tratti più bui userò la torcia del cellulare per camminare in sicurezza. La seconda sorpresa è ben più grave della prima: l’attacco anteriore della ciaspola sinistra è rotto e questo è un grosso problema. Stringo al massimo l’attacco posteriore ma non risolvo nulla. Provo a camminare solo con la ciaspola destra ma la gamba sinistra sprofonda fino all’inguine. Il sentiero è ricoperto di neve fresca e bisogna aprire la pista. No, così non va. Dopo qualche centinaio di metri sono già troppo stanco e sudato. Indosso nuovamente la racchetta da neve e fortunatamente riesco a fissare con una cinghia in cordura l’attacco rotto. Lo scarpone non è molto saldo ma almeno riesco a camminare.
La salita in mezzo al bosco di betulle e piante di mirtillo sommerse dalla neve dura circa mezz’ora. Il paesaggio poi cambia radicalmente, con il sentiero che fiancheggia brulle montagne imbiancate. Il sole non è ancora sorto e il momento prima dell’alba dona alla neve bellissime sfumature che vanno dal blu all’azzurro. Il terreno qui è ricoperto da una crosta ghiacciata e le racchette da neve sono fondamentali per riuscire a camminare. L’altopiano è un’infinita distesa bianca, sembra di camminare sulla luna. Inizio a scrutare l’orizzonte col binocolo. A grandi distanze non è facile individuare il bue muschiato, trovarlo è una sfida.
Il sole è ormai sorto, anche se in lontananza arrivano nubi minacciose. Le condizioni climatiche cambiano di continuo nei pianori norvegesi. Fortunatamente trovo in poco tempo un piccolo branco vicino a una collina. Inizio cautamente ad avvicinarmi. Gli animali sembrano tranquilli. Quando inquadro nel mirino il mio primo bue muschiato, sono talmente emozionato che dimentico di controllare le impostazioni della Canon 5DIV. Purtroppo alcune foto saranno mosse e le dovrò buttare. L’emozione diventa ancora più forte quando due grandi maschi si fronteggiano faccia a faccia, con lo sguardo fisso l’uno sull’altro. Questo momento lo aspettavo da molto tempo. Le rigide condizioni ambientali mi mettono a dura prova mentre sono fermo a fotografare. Lo sforzo eccessivo della camminata senza la racchetta da neve mi ha fatto sudare più del dovuto. Le temperature si sono abbassate e il freddo pungente mi ghiaccia la schiena. Devo muovermi. Sento le mani e i piedi congelati. Sto perdendo sensibilità e l’unico modo per scaldarsi è iniziare nuovamente a camminare.
Secondo giorno: un tramonto spettacolare
Il termometro segna -20° quando esco da casa alle 6:20 del mattino per raggiungere un’entrata secondaria del parco nazionale del Dovrefjell. Questo sentiero è meno impegnativo perché quasi tutto in piano, a parte una leggera salita iniziale. Il cielo è colmo di stelle. Quando raggiungo il pianoro, il sole deve ancora spuntare all’orizzonte. La sfumatura di luce rosata proiettata sulle montagne ne preannuncia la comparsa. Mentre cammino sul ghiaccio, avvolto nel silenzio, riesco chiaramente a percepire l’essenza della notte e del tempo che scorre. All’improvviso il richiamo delle pernici mi fa capire che il buio sta per lasciare il posto alla più rassicurante luce del giorno.
Mentre mi dirigo verso un piccolo gruppo di buoi muschiati, noto le tracce di diversi animali che abitano questo sperduto angolo di tundra: volpi, lepri e pernici. Per un attimo riesco persino a vederne qualcuno durante una fugace apparizione. Venti gelidi spazzano l’altopiano. La temperatura si assesta sui -10° e finché cammino, mi sento piuttosto bene. Dopo aver fotografato i buoi muschiati per un’ora, inizio a soffrire il freddo e sento nuovamente l’esigenza di muovermi. Tiro fuori dallo zaino un thermos colmo di the caldo. Ne bevo avidamente due bicchieri mentre una gradevole sensazione di benessere pervade tutto il corpo.
Perlustrando il territorio, noto un altro piccolo branco ai piedi di una montagna. Una situazione perfetta per scattare qualche foto ambientata. Mi metto in marcia ma quando raggiungo il gruppo, scopro che questi buoi sono molto pigri e non hanno molta voglia di muoversi, lasciandomi pochi spunti fotografici. Gli altopiani centrali della Norvegia sono l’habitat ideale del bue muschiato. Le popolazioni più numerose vivono in Alaska, Canada e Groenlandia. Il bue muschiato [Ovibos moschatus], un imponente erbivoro artico, viveva in Norvegia migliaia di anni fa prima di estinguersi definitivamente dopo l’ultima era glaciale. Nel 1931 furono reintrodotti senza successo alcuni esemplari dalla Groenlandia, decimati a causa della caccia intensiva. La seconda reintroduzione avvenne a metà del 1900, questa volta con successo. Lo stesso è stato fatto in alcune zone della Svezia e della Russia. Le politiche di reintroduzione e tutela hanno evitato la totale estinzione del bue muschiato, un vero e proprio reduce dell’era glaciale.
Il suo nome deriva dal caratteristico odore di muschio emanato dal folto mantello, aroma che s’intensifica durante il periodo degli amori. La pelliccia gli consente di resistere alle basse temperature isolandolo dal freddo e dal vento. Hanno un sottopelo morbido e finissimo chiamato Qiviut, otto volte più leggero e caldo della lana di pecora. Il bue muschiato è un animale all’apparenza tranquillo ma, se non si rispetta la giusta distanza di sicurezza, può diventare piuttosto nervoso. A dispetto della sua stazza correre molto veloce quando carica. L’ente del parco consiglia di tenere una distanza di almeno duecento metri dagli animali. Mi è capitato più di una volta che un maschio agitato sbuffasse guardandomi fisso negli occhi. In una situazione simile è meglio allontanarsi lentamente. Il bue muschiato si nutre principalmente di muschi, licheni, erba e radici. Nel periodo invernale predilige le zone spazzate dal vento dove lo strato di neve è più sottile. Per trovare da mangiare scava nel ghiaccio con le corna e le zampe.
Ritorno verso il primo branco, che nel frattempo si è spostato di poche centinaia di metri. Mentre lo raggiungo, il sole inizia a calare e avvolge il paesaggio con una calda luce dorata. Il vento soffia con tale ferocia che muoversi diventa faticoso. Folate di ghiaccio spazzano l’altopiano, tanto che devo indossare la maschera dell’Oakley per proteggere il viso. All’improvviso una piccola bufera scuote il mantello dei buoi muschiati, ma loro non sembrano neanche accorgersene. A terra il vento crea delle vere e proprie onde che scintillano in controluce come tante paillettes. I raggi di sole filtrano dalle nuvole creando una luce straordinaria. Rimango talmente incantato da questo magnifico tramonto che non mi accorgo dal freddo fino a quando il sole tramonta definitivamente dietro a una montagna.
Recentemente la Norvegia ha inserito il bue muschiato nella lista delle specie alloctone perché reintrodotto dopo troppo tempo dalla prima estinzione. Gli scienziati parlano di attuare politiche di contenimento che, detto in parole povere, significa aprire la caccia a questo stupendo animale. Il parco del Dovrefjell è però considerato la casa del bue muschiato e da esso dipendono molte attività commerciali legate a questo particolare turismo che andrebbero in crisi. Il breve viaggio alla ricerca del bue muschiato è stato un’esperienza fantastica. Ho camminato per ore in mezzo alla tundra norvegese senza mai vedere anima viva, accompagnato per tutto il tempo dalla bellezza della natura.
Qualche consiglio su come affrontare le basse temperature durante un’escursione nella tundra
La conoscenza delle regole non scritte della montagna aiuta a superare le difficoltà di un’escursione a basse temperature, senza che questa diventi un terribile incubo. Lo sport invernale, come un’escursione con le racchette da neve, è un’esperienza emozionante solamente se si è ben preparati contro il freddo. Le ciaspole (racchette da neve) sono uno strumento di facile utilizzo, indispensabile per inoltrarsi nei sentieri ricoperti di neve fresca o ghiacciati. Per l’alimentazione non esistono regole fisse: le esigenze variano da persona a persona ma, in generale, la colazione andrebbe consumata almeno un’ora prima dell’esercizio fisico. Pane e marmellata o uova sono ottimi candidati per avere energia sufficiente da spendere durante tutta la giornata, accompagnati da una bevanda calda che favorisca la digestione. Lo stretching andrebbe fatto prima dell’attività sportiva per evitare piccole contratture, ma io preferisco farlo a fine escursione dedicandomi agli allungamenti sotto una bella doccia calda. Asciugare bene i capelli col fon aiuta a prevenire dolori cervicali e possibili malanni dovuti al freddo.
Per quanto riguarda l’abbigliamento, utilizzo quattro strati secondo le temperature e le condizioni meteo:
- Il primo strato tecnico, quello a contatto con la pelle, è il più importante e dev’essere caldo e morbido. In questo caso preferisco maglia e calzamaglia in lana merino. In alternativa uso anche le maglie tecniche della Odlo.
- Il secondo strato è composto da un paio di pantaloni tecnici e un pile in materiale termico e traspirante, entrambi Montura o Ferrino. In casi estremi utilizzo dei pantaloni da snowboard, ma solo se le temperature sono molto rigide.
- Come terzo strato utilizzo o un piumino o un guscio anti vento della Montura.
- Il quarto strato è utile quando rimango fermo per fotografare il bue muschiato. Indosso sempre il guscio anti vento sopra il piumino per proteggermi dalle temperature gelide.
I problemi maggiori sorgono quando ci si ferma per molto tempo. Mentre camminiamo, il corpo si scalda e di conseguenza distribuisce calore anche alle estremità. Un altro elemento essenziale dell’equipaggiamento per basse temperature è un paio di scarponi invernali da usare con le solette termiche monouso. In questo modo i piedi rimangono sempre caldi. Bisogna riparare anche la testa con una berretta di lana o di pile e le mani con un paio di leggeri sotto guanti da indossare assieme a quelli tecnici. Uno scalda collo in lana merino è molto comodo e utile anche per coprire la bocca e riscaldare l’aria fredda che inspiro. Le ghette sopra i pantaloni e gli scarponi invernali mantengono asciutta la parte bassa delle gambe. Il freddo inibisce lo stimolo della sete quindi bisogna ricordarsi di idratarsi spesso con una bevanda calda trasportata all’interno di un buon thermos.
Ho passato qualche splendido giorno sulle montagne norvegesi fotografando il bue muschiato, utilizzando la Canon 5DIV con il 300mm f/2.8, il 70-200mm f/4 e il moltiplicatore di focale 2X. Per le foto al paesaggio ho usato la solita accoppiata Sony A7II con il 16-35mm f/4. E’ stata la prima volta che ho utilizzato la Sony A7II in un ambiente molto freddo e nel complesso le batterie, sia quelle originali sia quelle compatibili, mi hanno un po’ deluso. Durante una giornata di fotografia a -10°, usando la Sony esclusivamente per foto paesaggistiche, sono riuscito a scaricare ben tre batterie. Le batterie della reflex Canon invece non mi hanno dato problemi e difficilmente arrivavo a scaricarne una seconda durante la giornata. Anche il cellulare iPhone 7 si scaricava rapidamente, nonostante lo abbia tenuto il più possibile al caldo nelle tasche interne.
Buongiorno, complimenti per il bellissimo servizio.
m’interesserebbe andarci! Volevo chiederle due cose!
Il Bue muschiato rimane tutto l’anno in quei posti o si sposta ? Io volevoa andare verso settembre ottobre con un camper.
Un’altra cosa bisogna avere una guida o si puo anche trovarli da solo?
Cordialmente la ringrazio e saluto
Celestino
Ma che spettacolo! Grazie delle info preziose. Dev’essere stato davvero spettacolare. Complimenti per la qualità delle foto.
Bellissime fotografie….anch’io sono stato nei paraggi di Kiruna (-29° )nel febbraio 2018, “solo” a caccia di aurore boreali in solitaria, ma col camper…bellissima avventura da rifare quando il virus ce lo consentirà…comunque grande coraggio, affrontare da solo la tundra ci vuole “fegato”…ciao
Vivissimi complimenti per il tuo racconto e le magnifiche immagini di uno splendido animale!
Grazie.
Ciao Iva ti ringrazio. Spero di poter tornare presto in Norvegia per fotografare questo splendido abitante della tundra.
A presto.
Belle foto di cacia fotografica.sono anche io appassionato solo che io fotografo in analogico
mi piace la fotografia bn
Ciao, grazie per i complimenti. È stata davvero una bella esperienza!
Anche io ho un paio di macchine analogiche. Purtroppo per problemi di tempo le uso veramente poco.